La storia di Salif e di Olga, di Anna e di Fela ci insegna tante cose. Beh, intanto, ci insegna che l’amore è importante, e che l’Italia fa innamorare le persone. Sentite, per esempio, che cosa dice Olga:
OLGA: Io e Salif ci vogliamo bene... L’Italia ci ha fatto innamorare... Lui è l’uomo giusto per me, sono sicura.
La storia di Salif e di Olga ci insegna anche tante cose importanti sulla lingua italiana.
Intanto, ci insegna quali sono i saluti in italiano: sono, nell’ordine, ciao, buongiorno, buonasera, buonanotte e arrivederci.
Il primo, ciao, è un saluto informale. Si usa fra ragazzi, con gli amici, oppure in famiglia. Ricordate che cosa dice Anna?
ANNA: Ciao! Mi chiamo Anna e sono la figlia di Olga.
E adesso sentite come Olga saluta Anna, la figlia, quando arriva in ritardo all’appuntamento:
OLGA: Ciao tesoro eccomi, scusami, lo so che sono in ritardo…
Attenzione: nel filmato Olga dice ciao ad Anna quando la incontra, però ciao si può adoperare anche quando si va via: Anna avrebbe potuto tranquillamente dire a Olga: Ciao mamma, vado via!
Buongiorno e buonasera sono saluti formali: li usiamo quando incontriamo una persona (o anche quando andiamo via da una persona) che non conosciamo, o che conosciamo poco. Sentite, per esempio, come Salif saluta l’architetto che non conosce:
SALIF: Buongiorno! Lei è il signor Poyani?
E adesso invece sentite come Olga saluta il signore che sta con il bambino in bicicletta:
OLGA: Buonasera, arrivederci!
Perché Salif dice buongiorno e Olga dice buonasera?
Perché Salif e l’architetto si incontrano di mattina, invece Olga parla al signore di pomeriggio, dopo pranzo.
La sera, poi, dopo cena, quando andiamo a dormire, diciamo buonanotte: nel filmato non lo abbiamo sentito, perché ancora non abbiamo visto i nostri amici andare a dormire.
L’ultimo saluto di cui dobbiamo parlare è arrivederci: è un saluto formale che usiamo alla fine di un incontro con persone che non conosciamo o che conosciamo poco.
Torniamo per un attimo allo sportello dei cittadino di Terni e sentiamo come finisce l’incontro fra l’impiegata, Salif e Olga:
MAURA: A posto. Abbiamo concluso. Arrivederci.
SALIF, OLGA: Grazie, arrivederci.
Oltre che i saluti, la storia di Olga e di Salif ci insegna anche altre cose, per esempio le forme del presente del verbo più usato in italiano: il verbo essere. Sentiamo:
SALIF: Io sono Salif Ba.
FELA: Tu sei sempre pessimista!
OLGA: Lui è l’uomo giusto per me, sono sicura.
SALIF: Lei è Olga Novak.
OLGA: Ragazzi, ormai noi siamo in Italia da quattro anni...
ANNA: Per me voi due siete matti…
FELA: Adesso loro sono marito e moglie!
Ricapitoliamo: io sono, tu sei, lui o lei è, noi siamo, voi siete, loro sono… attenzione! Dicendo il verbo essere ho detto io sono, tu sei, lui o lei è, ma in realtà queste piccole parole che precedono il verbo e che si chiamano pronomi personali, possono anche non esserci in italiano, anzi: in italiano diciamo più spesso sono, sei, è, senza pronomi. Ascoltate i nostri amici:
SALIF: Sono Salif e vengo dal Senegal
ANNA: Sei proprio una romanticona, eh?
OLGA: Ma dov’è?
ANNA: Siamo a Terni, in Umbria.
OLGA: Ragazzi, siete meravigliosi!
SALIF: Sono bellissime!
Se però il pronome serve per distinguere in modo chiaro una persona da un'altra, allora dobbiamo usarlo: lui è del Senegal, lei è della Croazia.
Poi, il verbo essere in italiano si usa anche per dire c’è e ci sono. Queste due forme servono per indicare la presenza di una persona o di una cosa in un luogo. Ricordate?
OLGA: Ci hanno detto che a piazza San Francesco c’è lo Sportello del Cittadino
ANNA: A Terni c’è la tomba di San Valentino.
SALIF: Ci sono degli impiegati!
ANNA: In centro ci sono tanti negozi
C’è indica la presenza di una sola persona o una sola cosa; ci sono indica la presenza di più di una persona o di più di una cosa.
E adesso vi saluto con una delle parole che abbiamo appena imparato: Arrivederci!
Nella puntata di oggi abbiamo visto e sentito:
I saluti dell’italiano: ciao, buongiorno, buonasera, buonanotte e arrivederci.
Il presente indicativo del verbo essere: sono, sei, è, siamo, siete, sono.
L’uso di c’è e ci sono: c’è lo sportello del cittadino, ci sono degli impiegati.
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